L’impatto dell’escursionismo estivo sulla montagna7 min read

La frequentazione della montagna a livello escursionistico e alpinistico richiede conoscenza dell’ambiente montano e il rispetto per l’ambiente, la flora e la fauna locale. Purtroppo però, per quanto poco, l’uomo ha un impatto sull’ambiente alpino.
In un contesto generale di rispetto consapevole delle regole che “dovrebbero” facilitare le opportunità di convivenza reciproca e tutelare gli interessi collettivi, in certi contesti si dovrebbe imparare ad accettare la rinuncia alla nostra liberà d’azione.
Un caso potrebbe essere ad esempio quello di accettare le limitazioni all’accesso a determinate aree naturali dove le attività umane, escursionismo e alpinismo compresi, non siano compatibili con la conservazione dell’ambiente naturale. Quello che dovrebbe sempre guidare una persona, a maggior ragione se ama la natura e la montagna, è uno spirito etico ed ecologico.
L’impatto dell’escursionismo estivo
Anche se l’escursionismo è percepito come un’attività in sintonia con la natura e l’ambiente e molto rispettosa di quelle che sono le componenti ambientali, in realtà anche questo semplice gesto ha un impatto legato all’uso dei piedi. Il semplice calpestio in realtà genera un disturbo al suolo ed alla componente vegetale che vi si è insediata, facendo scomparire l’erba e alterando la struttura del suolo.
Il calpestio genera quindi delle linee di erosione molto concentrate che possono espandersi e creare anche problemi di dissesto su piccole o grandi superfici. L’erosione aumenta in maniera graduale fino a rendere impercorribile il sentiero o il percorso. A questo punto i sentieri che non hanno un fondo roccioso diventano poco percorribili con la conseguenza che gli escursionisti allargano via via il percorso a scapito della vegetazione limitrofa.
Ecco perchè è molto importante la corretta costruzione e manutenzione dei sentieri e anche una corretta fruizione da parte delle persone che li percorrono. Gli effetti dannosi per la vegetazione del calpestio sono amplificati dall’uso di mezzi meccanici come bici e moto oppure dall’uso di cavalli o muli che concentrano il peso sullo zoccolo. Non a caso le mulattiere costruite sono tutte lastricate.
Il rapporto con la fuana locale
Non solo l’escursionista con la sua attività di camminare per sentieri può essere un fattore di disturbo per la fauna. Il problema è limitato vista la lentezza dei movimenti di chi cammina, permettendo uno spostamento meno improvviso degli animali. La destagionalizzazione della pratica escursionistica dovuta all’utilizzo di nuovi mezzi come le ciaspole, alle aumentate possibilità di movimento e di tempo libero nonchè al cambiamento climatico, aumenta la probabilità di verificarsi di questo disturbo.
L’abbandono dei rifiuti
Infine un altro grande problema è quello dei rifiuti abbandonati lungo i percorsi che, oltre a rovinare la bellezza del paesaggio e della natura, costituiscono un senso di assoluta inciviltà, poco rispetto verso la natura e gli altri ma anche un inquinamento e disturbo per la fauna. Questi problemi, seppur minori rispetto ad altri impatti sull’ambiente, possono essere amplificati dall’intrinseca fragilità di tanti ecosistemi montani.
I delicati equilibri dell’ambiente innevato
L’escursionista in ambiente invernale o lo sci alpinista che frequenta la montagna invernale dovranno osservare una serie di “norme di comportamento” al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale ed in particolare gli effetti negativi sulla flora e sulla fauna. Pur trattandosi di discipline a debole impatto ambientale e non responsabili di trasformazioni permanenti del territorio, possono portare a effetti negativi nelle varie specie animali e vegetali tipiche dell’alta montagna, soprattutto in certe zone e periodi dell’anno, che sono già penalizzate dalle severe condizioni ambientali.
Per valorizzare e tutelare le esperienze che si possono vivere attraverso l’escursionismo invernale o lo sci alpinismo, un punto fondamentale è rappresentato dal corretto modo di muoversi nell’ambiente innevato, sia a livello del singolo che da parte delle varie associazioni come il CAI che promuovono gite e corsi sociali.
L’aumento della pressione antropica
Le montagne europee e italiane negli ultimi decenni hanno subito un’aggressione che ha portato a un’alterazione di un gran numero di ambienti naturali, in seguito all’espansione delle infrastrutture turistiche invernali e al conseguente aumento della pressione antropica. Le infrastrutture da un lato portano soldi e fanno girare l’economia locale di certe località dando lavoro a molte persone ma dall’altro deturpano l’ambiente montano fino ad arrivare ad un vero e proprio snaturamento. E’ il caso ad esempio di Milano-Coritna 2026 che porterà un buon giro d’affari ma anche cambiamenti importanti per la montagna.
Logica conseguenza è la sempre maggiore ricerca di spazi incontaminati e di una natura integra da parte di quanti desiderano sfuggire al riproporsi di ritmi, costumi e problemi tipici della vita cittadina. L’escursionismo con le racchette da neve, lo sci escursionismo e lo sci alpinismo registrano un aumento notevole di fruitori, tanto che orma risulta rara l’emozione di “aprire” la traccia nella neve fresca.
La flora e la fauna
Il danneggiamento della vegetazione durante la stagione invernale, quando il terreno è ricoperto dal manto nevoso, è causato in particolar modo dalle lamine affilate degli sci e dalle racchette da neve. I danni sono più gravi quando la neve è polverosa e il manto è di spessore inconsistente, interessando le piante arbustive e le giovani piante arboree, indispensabili alla rinnovazione perpetua del bosco.
L’escursionista poi, inoltrandosi in aree sino a pochi anni fa raramente frequentate dall’uomo in inverno, dove regnavano i delicati equilibri imposti dalle severe leggi della natura, può generare involontariamente occasioni di disturbo della fauna selvatica del luogo.
La sfida per il futuro e l’obiettivo da raggiungere, è quello di trovare e mantenere un giusto equilibrio tra le reciproche esigenze, spesso in conflitto, delle varie categorie di fruitori dell’alta montagna, e tutti quegli organismi animali e vegetali che da sempre vivono in quei luoghi. E’ fondamentale che ogni escursionista sia preparato per muoversi nell’ambiente in sicurezza e che impari a rispettare la natura in ogni sua forma ed espressione.
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L’impatto ambientale dell’arrampicata con l’avifauna
Un tema che annualmente si ripropone all’avvicinarsi della primavera è rappresentato dai delicati rapporti di interazione tra arrampicatori e avifauna nidificante negli ambienti rupestri e in alcune falesie. Ad esempio io provengo da Padova e frequento la parete est di Rocca Pendice sui Colli Euganei dove in alcuni periodi dell’anno nidifica il Falco Pellegrino e il Parco Regionale dei Colli Euganei ha instituito un divieto di arrampicata.
L’impatto ambientale dell’arrampicata è debole per il disturbo dell’avifauna nidificante in alta montagna, mentre aumenta e richiede attente strategie gestionali nelle strutture rocciose isolate di pianura o del piano collinare o nelle falesie a mare o su acque interne.
I principali problemi legati alla pratica dell’arrampicata in ambenti rupestri frequentati e utilizzati per la nidificazione da parte di uccelli rapaci si sono:
- chiodatura spesso indiscriminata delle vie di salita;
- l’aumento del numero di arrampicatori e della pressione antropica;
- massima frequentazione delle persone nella stagione primaverile che coincide con il delicato periodo riproduttivo degli uccelli rapaci;
- la pratica dell’arrampicata comporta tempi di permanenza lunghi in parete che possono causare l’allontanamento dell’adulto dal nido per tempi lunghi che possono compromettere il successo riproduttivo;
- mancanza in certi casi, di una coscienza naturalistica degli arrampicatori e di un corretto comportamento da tenere durante il periodo riproduttivo;
- mancanza di dialogo e coordinamento tra alpinisti, ambientalisti, naturalisti e Pubbliche Amministrazioni per tutelare questi ambienti e gli animali.
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L’arrampicata e le interazioni con la vegetazione
L’interazione dell’arrampicatore con la vegetazione di manifesta in particolare in due fasi specifiche:
- la base delle pareti, quando durante l’avvicinamento si transita generalmente attraverso boschi, prati, pascoli e aree coltivate;
- le pareti rocciose, caratterizzate dalla presenza di associazioni vegetali specializzate a vivere in quel difficile ambiente.
Le pareti verticali infatti rappresentano delle isole floristiche dove trovano rifugio molte specie rare che si sono adattate a sopravvivere in condizioni ambientali a volte estreme. Quando si arrampica quindi è importante saper riconoscere e rispettare queste piante senza rovinarle. Allo stesso modo, sia nelle palestre naturali d’arrampicata sia in montagna, per raggiungere la base delle pareti si attraversano vari ambienti naturali o semi naturali trasformati dal lavoro secolare dell’uomo.
L’impatto ambientale in questi casi è determinato principalmente con l’apertura di sentieri che conducono alla base delle pareti o lungo la discesa dalle stesse, con il taglio o danneggiamento delle piante che si sviluppano in parete o alla sua base e con la frequentazione e calpestio alla base delle pareti. Il rischio è ancora più marcato quando si tratta di aprire ed attrezzare nuove falesie o nuovi singoli settori.
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Classe 1983, fin da bambino ho avuto la passione per la montagna, gli sport all’aria aperta e la natura. Nel 2011 mi sono iscritto al C.A.I. dove ho seguito diversi corsi. Oggi la montagna è una passione viva più che mai oltre che uno stile di vita. La voglia di condividere questa mia passione è il motivo per cui ho deciso nel 2020 di fondare questo Blog per mettere al servizio degli altri tutte le mie conoscenze.
“si parva licet”…un contributo, per quanto tardivo:
https://www.rivistaetnie.com/lumignano-arrampicata-lhabitat-114454/
GS
Grazie Gianni per il tuo contributo.. 😉